Realtà, realismo e oggettività dell'obiettivo
A gennaio mi ero posta un unico obiettivo artistico/culturale (meglio uno alla volta che tutti insieme, si rischia la frustrazione del porcavaccalodovevofareeinvecenoncisonoriuscitamannnaggiaame), che prevedeva una visita alla mostra dedicata a Steve McCurry. Ovviamente non ce l'ho fatta. Per grazia ricevuta, la mostra è stata in seguito prorogata fino al 28 febbraio, fatto che non prevedeva più alcun tipo di scusante già utilizzata almeno una volta in passato (di scuse autoinventate per sistemarsi la coscienza ne esiste un ampio bacino da cui attingere).
Ebbene, devo dire che l'esperienza è da scindere in due parti che prendono strade opposte.
Esperienza museale. Ho deciso di andare a vedere la mostra un giovedì sera, unico giorno in cui era possibile accedere fino alle 22, prenotando i biglietti online su (caldo) consiglio di un amico. Il centinaio di persone in fila alle 8 di sera costrette a entrare scaglionate, oltre a dare ragione all'amico di cui sopra, faceva temere il peggio. In effetti, all'interno del seppur ottimo contesto del Palazzo della Ragione, la gente era ammassata davanti alle immagini dell'unica sala espositiva. Presa da attacco di claustrofobia, dominato solo a tratti, umida di pioggia che quella sera (guardacaso) bagnava Milano, accaldata per la ressa e per le lampade di illuminazione, la mia visita è durata venti soffertissimi minuti. Le foto fitte come fogliame e le etichette lasciate rase al pavimento non hanno aiutato granché.
Esperienza personale. I venti minuti in cui sono rimasta dentro mi hanno dato materiale su cui pensare per diversi giorni. Cosa mi rimane di questa mostra? La suddivisione delle foto in alberi che rappresentano tematiche più ampie, come la gioia e il dolore, ravvicinate al punto da compenetrarsi l'un l'altra senza soluzione di continuità, lo sguardo dei soggetti che ti trapassa da parte a parte, i colori che ti spalancano gli occhi, il passaggio repentino da un contesto all'altro girando la faccia, il senso di essere impotente al centro di qualcosa di più grande di te, le emozioni che ti schiaffeggiano ogni volta che cerchi di fare un passo avanti, la fermezza realista che ti urla in faccia quando cerchi implorante di distogliere lo sguardo, l'inquietudine nel cercare di trovare un senso a ciò che invece ti viene messo davanti nudo e oggettivo come una natura morta.
La mostra è stata nuovamente prorogata fino al 21 marzo, come indicava un A4 stampato in fretta e furia e appeso fuori dal cancello a metà febbraio. Hai ancora una settimana per non perderti quello che non ti devi perdere.

2 commenti:
non ti ofendere, ma cuesto sito fa propio cagare
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