C'è la crisi, in giro
Oggi pomeriggio sono stata in un centro commerciale, ma un centro commerciale gigante, uno di quelli che se non ti ricordi dove metti la macchina puoi tranquillamente entrare al primo concessionario e ordinarne una nuova, che tanto le possibilità di ritrovarla per caso sono più basse di quelle per vincere alla lotteria senza comprare il biglietto.
Insomma, ero in questo centro commerciale e mi sono messa a girovagare a caso. Primo errore: non si gira mai a caso in un posto che contiene tre chilometri (davvero) di negozi senza una mappa. Io stavo per morire di fame mentre tentavo di ricordare dove avevo visto un bar ore prima, e per fortuna che non dovevo trovare urgentemente una toilette.
Comunque, ero in questo centro commerciale, dicevo, e a un certo punto, tra una curva, un cunicolo e una scala mobile, ho avuto la sensazione di essere una di quelle formiche che mettono in una scatola di cartone col labirinto per farle trovare una goccia di miele, quelle che usano per fare gli esperimenti scientifici. Avrei anche voluto comprare una maglietta, ma non sono più riuscita a trovare il negozio in cui l'avevo vista. No, davvero. Immaginavo quelli della sicurezza che mi guardavano dai monitor delle telecamere, a darsi di gomito e a scommettere centinaia di franchi su "ce la fa, no non ce la fa" al casinò del piano zero. Sì, c'è un casinò al piano zero, e probabilmente anche altre cose di cui preferisco rimanere all'oscuro.
Però mi sono tolta la soddisfazione di entrare con le scarpe da tennis in un negozio di Gucci. Si vede che c'è crisi, perché il commesso mi ha fatto un gran sorriso e mi ha detto che se avevo bisogno di qualcosa non dovevo che dirglielo. No, dico, in un anno qualunque mi avrebbero chiesto la visa platinum per guardare la vetrina. E comunque, dopo aver fatto due metri e aver capito cosa indossa la gente che conta, ho anche deciso che se non volevo ridere in faccia a qualcuno dovevo girare i tacchi e correre fuori. E non per cercare il bar. No, vabè, comunque le giacche in pelle umana avevano il loro perché.
Io ho capito che c'è la crisi anche perché in un altro negozio ho provato un paio di scarpe e non avevano il mio numero. La commessa è scoppiata in lacrime, ho tentato di consolarla spiegandole che prima o poi da quell'ingresso sarebbe entrato uno che lavora al Mac Donald's e, innamoratosi perdutamente di lei, le avrebbe regalato un buono per il Mac Chicken menù. Quando sono uscita sembrava sollevata.
Comunque, che ci sia crisi, è palese. L'altro giorno ero in un'enoteca, è entrata una, ha posato la busta di Hermès sul banco e ha chiesto uno champagne. Quando la commessa le ha detto che erano 298 franchi, lei ha chiesto se c'era lo sconto. No, davvero.
Stare a Lugano si capiscono, queste cose. Chissà com'è la situazione nella prossima città in cui mi trasferisco il mese prossimo.