Houston, le aziende hanno un problema (con le conversazioni)
Houston, abbiamo un problema. Da quando le persone hanno trovato il modo di aggirare un po' di pubblicità (vuoi con i videoregistratori, vuoi con internet, vuoi con altri sistemi), chi si occupa di marketing ha cercato a sua volta il modo di aggirare le difese dei consumatori. Dal buzz e viral marketing più o meno aggressivo, ai fake blog, allo steal marketing, negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento di rotta nelle strategie e negli strumenti. Come a dire, se il ROI si abbassa, frammentiamo i budget e tentiamole tutte.
Parliamo di conversazioni. In rete, in particolare, le tecniche maggiormente utilizzate sono sostanzialmente due: entrare nella conversazione o innescare la conversazione. Gli ibridi che ne sono derivati sono: sponsorizzare una conversazione già avviata o avviare finte conversazioni.
Mi spiego meglio con alcuni esempi.
- Entrare nella conversazione. Una Dell decide di entrare nella conversazione scendendo dal piedistallo e andando a rispondere direttamente alle critiche che gli vengono rivolte (salvo poi accentrarle in un luogo più "gestibile" come un corporate blog).
- Innescare la conversazione. Una Ducati decide di avviare una conversazione quando dà agli appassionati delle sue moto un posto dove discutere tra loro e comunicare direttamente con il brand.
- Sponsorizzare una conversazione già avviata (in senso ampio, il che significa: usare tecniche già sperimentate da altri oppure brandizzare luoghi di conversazione esistenti). Una T-mobile utilizza il meccanismo del flash mob per girare un proprio spot.
- Avviare una finta conversazione. Una Wal-Mart sponsorizza segretamente un blog di una coppia di viaggiatori che recensiscono negozi della catena.
Qual è il sistema più remunerativo?
Sicuramente in un ambiente in cui la reputazione e la trasparenza sono primari, l'ultimo sistema è quello più facilmente smascherabile e che porta all'azienda una quantità di pubblicità negativa difficile da gestire o controbattere (no, "bene o male l'importante è che se ne parli" per le aziende spesso non vale).
Il sistema della sponsorizzazione funziona se l'idea è molto originale e se l'azienda ha le giuste capacità per spingere l'iniziativa, in ogni caso occorre che l'azienda sia davvero attenta a quanto accade soprattutto in rete per cavalcare l'onda fin dall'inizio e ricavare la massima visibilità dall'iniziativa.
Per quanto riguarda l'avviare VS partecipare alla conversazione, occorre conoscere molto bene il mercato di riferimento e avere una visione chiara delle aggregazioni esistenti (esistono già community forti? Il tema è sentito? Quali opportunità non sono già state esplorate?) per capire se il bisogno è latente e può essere esplicitato mediante la creazione di un supporto oppure se un nuovo sistema entra direttamente in competizione per l'attenzione, con scarse probabilità di ottenere risultati significativi.
In tutto questo, quello che continua a stupirmi è come i marketer impieghino una quantità spropositata di risorse per "aggirare" le difese anziché addentrarsi (anche con circospezione, assaggiando un po' di questo e un po' di quello) nei social network. D'accordo che la qualità delle conversazioni non è altrettanto misurabile come la quantità del traffico generato, ma è davvero troppo infantile pensare che il secondo sistema sarebbe infinitamente più semplice?

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